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#NUTRACEUTICA Panacea. Un progetto buono e salutare, come il pane


17/06/15
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Il progetto si propone di realizzare un pane con proprietà nutraceutiche sfruttando la biodiversità dei lieviti madre toscani. 

“Isolamento e caratterizzazione di peptidi biologicamente attivi da impasti acidi per prodotti da forno”. Dietro questa complessa formula si racchiude il senso di “Panacea”, uno dei progetti vincitori del bando della Regione Toscana sulla nutraceutica. L’obiettivo è quello di produrre pani ad alta digeribilità che abbiano effetti positivi sul metabolismo umano. Una sfida affascinante e innovativa, applicata a una delle colonne portanti della dieta mediterranea: il pane. Ne abbiamo parlato con Luigia Pazzagli, responsabile scientifica del progetto e docente del dipartimento di Scienze biomediche sperimentali e cliniche dell'Università di Firenze. Gli altri partner di Panacea sono il professore Massimo Vincenzini, del dipartimento di Gestione dei sistemi agrari alimentari e forestali dell'Università di Firenze e, sul fronte aziendale: , dell'Azienda Agricola Montepaldi; Nicola Antonio Giuntini “Panificio Giuntini” e Varis Venturi de “La Bottega di Chiassaia”.

Professoressa Pazzagli, proviamo a spiegare, con parole semplici, qual è l’obiettivo del progetto “Panacea”.
Panacea si propone di realizzare un pane con proprietà nutraceutiche, quindi benefiche e protettive nei confronti della salute, sfruttando la grande biodiversità degli impasti acidi toscani, i cosiddetti lieviti madre. Per entrare un po’ più nel dettaglio diciamo che uno degli obiettivi è ottenere dei ceppi batterici con alta capacità pepsidica, per poi selezionare quelli in grado di produrre peptidi bioattivi.

Cosa significa, in concreto, produrre peptidi bioattivi?
Significa che dobbiamo isolare i peptidi prodotti da diversi ceppi batterici per poi individuare quelli più promettenti ai nostri fini, ovvero in grado di produrre peptidi bioattivi sul fronte dell’attività anti – infiammatoria e anti – ossidante. I ceppi più promettenti, poi, insieme ai lieviti che sono stati scelti, verranno impiegati per produrre un pane che sia digeribile e abbia delle capacità nutraceutiche dimostrabili scientificamente.

Lei accennava agli impasti acidi toscani come elementi preliminari al progetto. Può spiegarci meglio di che cosa si tratta?
L’impasto acido per la produzione di prodotti da forno a lievitazione naturale è una miscela di acqua e farina fermentata da batteri lattici e lieviti. In Toscana molti prodotti da forno sono ancora ottenuti secondo la tradizionale procedura del rinfresco che consiste nel rinnovare giornalmente l’impasto acido con lo scopo di mantenerlo attivo e utilizzabile come agente lievitante e acidificante nel processo di produzione. Questa tecnica seleziona un microbiota caratteristico di ogni impasto acido, capace di conferire una serie di vantaggi ai prodotti che non si riscontrano in quelli ottenuti con il semplice utilizzo del lievito di birra e che dipendo dalla tipologia di microrganismi presenti.

Quali sono le professionalità impiegate nel progetto?
Ci sono i ricercatori del Dipartimento di Gestione dei sistemi agrari, alimentari e forestali, guidati dal Prof. Massimo Vincenzini e quelli del Dipartimento di scienze biomediche sperimentali e cliniche, che seguo io. Il team di Vincenzini ha il compito di caratterizzare i batteri lattici che producono peptidi, mentre noi dobbiamo analizzare i peptidi stessi.

Allo stato attuale quali prospettive abbiamo di ottenere un pane dalle proprietà antiinfiammatorie e positive per la salute.
La sfida è trovare la giusta combinazione tra ceppi di batteri lattici isolati da impasti acidi con certe attività metaboliche e tipologia di farine in grado di valorizzare tali capacità. Questo potrebbe consentire di produrre pani con capacità nutraceutiche. Siamo in fase preliminare, ma ci sono delle prospettive che meritano di essere approfondite, anche perché essendo il pane un alimento di uso molto comune, la possibilità di conferire a questo prodotto capacità nutraceutiche potrebbe contribuire alla prevenzione di malattie.

Qual è la sua opinione sul lavoro che sta facendo la Regione Toscana sul fronte della ricerca nutraceutica.
Il giudizio è positivo, credo che sia importante incentivare questo tipo di ricerca. Io sono abituata a lavorare su progetti su cui non si possono avere risposte certe riguardo all’esito finale. Per me è normale. L’importante è non alimentare false speranze né azzardare risultati esagerati. Fatta questa premessa credo che puntare sui cosiddetti alimenti funzionali sia una strada che merita di essere percorsa.

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